Nel Sentiero erigiamo tende, non case

 

Ci sono persone che parlano citando libri, e scrivono accodando sterminate bibliografie. Queste persone hanno necessità di edificare il presente sulle solide fondamenta del passato, appoggiano sull’esperienza di chi li ha preceduti, elaborano a partire da altre elaborazioni, confermano la propria parola con quella di altri. È la loro esistenza e non può che andare bene, ma non è il nostro modo.

Noi piantiamo tende in mezzo al deserto, tende fatte dei materiali del deserto, impermanenti ed effimere. Le fondamenta non le ricerchiamo nel passato ma nell'abisso di noi: solo ciò che è esperienza vivida che sorge dal nostro intimo ci autorizziamo a proferire, non ciò che elabora la mente.

Le nostre tende sono fatte di sentire, solide e vaste ma mutevoli perché il sentire sempre si amplia e muta la comprensione di sé e degli eventi. Ciò che oggi ci permette di appoggiare i piedi, domani sarà legna da ardere: inscritto nel sentire, superato dal sentire.

Certo, anche noi studiamo il passato, ma per un moto naturale di consonanza più che per cercare fondamenta, conferme o basi. Il nostro centro è il sentire, il pensare è una sua conseguenza, in virtù di ciò tutto è molto aleatorio in noi e così vogliamo che sia.

Siamo monaci e fondiamo sull'esperienza il nostro procedere, il nostro orecchio e il nostro occhio scandagliano gli infiniti aspetti dell'interiore e del reale esteriore e mai affermiamo: "È così!", ma sempre: "Così ci appare!".

L'evanescenza è la nostra forza e la nostra debolezza, della fragilità non facciamo merito, su quella appoggiamo.

Commenti

  1. Una bella sintesi, la metafora della tenda fatta di Sentire risuona.

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  2. "L'evanescenza è la nostra forza e la nostra debolezza, della fragilità non facciamo merito, su quella appoggiamo."

    Sintesi perfetta

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